L’altra classifica

Roberto Beccantini10 dicembre 2012

Che corpo a corpo, a San Siro. Hanno deciso i solisti, ha risolto Guarin, già cruciale con la Juventus. Il colombiano è un toro: mediano o mezzala a seconda delle esigenze. L’Inter ha ricavato il massimo dai pochi tiri effettuati; il Napoli, il minimo dai molti scoccati. Solo sfortuna? Non penso.

Stramaccioni ha rinunciato al tridente, sguinzagliato Cassano e giocato «sugli» avversari. Non ha registi e, dunque, lo fa spesso, soprattutto con le grandi. Buona l’idea di Cambiasso arretrato, in assenza di Samuel. A Mazzarri, viceversa, non riesce mai il salto di qualità. Polli, i suoi difensori, sul corner che ha propiziato la folgore di Guarin. Detto che un pareggio non sarebbe stato uno scandalo, Cavani, Hamsik e Pandev hanno alzato un gran polverone; meglio Insigne. Milito, lui, non segnava da quattro gare.

La regolarità della Juventus, le montagne russe dell’Inter. Il torneo delle «sette sorelle» capovolge la classifica del campionato. E’ una curiosità, null’altro. Ecco il dettaglio.

** Inter 12 punti in 5 partite: 1-3 Roma, 2-1 Fiorentina, 1-0 Milan, 3-1 Juventus, 2-1 Napoli, Lazio sabato.

** Juventus 8 punti in 6 partite: 0-0 Fiorentina, 4-1 Roma, 2-0 Napoli, 1-3 Inter, 0-0 Lazio, 0-1 Milan.

** Napoli 7 punti in 5 partite: 2-1 Fiorentina, 3-0 Lazio, 0-2 Juventus, 2-2 Milan, 1-2 Inter, Roma il 6 gennaio.

** Fiorentina 7 punti in 6 partite: 0-0 Juventus, 1-2 Napoli, 1-2 Inter, 2-0 Lazio, 3-1 Milan, 2-4 Roma.

** Lazio 7 punti in 5 partite: 0-3 Napoli, 3-2 Milan, 0-2 Fiorentina, 3-2 Roma, 0-0 Juventus, Inter sabato.

** Roma 6 punti in 4 partite: 3-1 Inter, 1-4 Juventus, 2-3 Lazio, 4-2 Fiorentina, Milan il 22 dicembre, Napoli il 6 gennaio.

** Milan 4 punti in 5 partite: 0-1 Inter, 2-3 Lazio, 1-3 Fiorentina, 2-2 Napoli, 1-0 Juventus, Roma il 22 dicembre.

Scherzare col fango

Roberto Beccantini9 dicembre 2012

Il ritorno di Antonio Conte ha coinciso con il gol di colui che ne aveva segnato il battesimo in campionato, l’11 settembre 2011: Stephan Lichtsteiner. Il Palermo aveva imprigionato l’Inter, la broccaggine di Matri l’ha tenuto in partita al di là di ogni ragionevole occasione, fino alla rete della guardia svizzera e al doppio giallo (corretto) di Morganella. Da moviola, se mai, un tocco di Pirlo al limite dell’area, spalla o braccio, dentro o fuori?

Conte, dunque. Ha scolpito lo scudetto, non andava in panchina dal 20 maggio (finale di Coppa Italia a Roma, Napoli-Juventus 2-0). Sono felice per il suo rientro, un po’ meno per tutti i «clacson» suonati da radio e televisioni. Come se, nel frattempo, fosse finito in Siberia.

Anche Mourinho non pratica il turnover. Conte gli assomiglia molto, gioco a parte. Tutti diventano prevedibili, se camminano. La Juventus lo è stata a lungo, tra la grandine e il fango di una improbabile domenica palermitana. La squalifica di Giovinco ha privato il loggione di un comodo bersaglio (ma pure la cucina dei rari dribbling in padella). I due pali scheggiati da Vucinic sono stati il tributo che, ogni tanto, il destino impone persino ai suoi cocchi.

Credo che Conte tirerà le orecchie a Bonucci: non ci si tuffa così, davanti al portiere. E pure a Vucinic: o do di petto e assist di tacco o sciali biblici sotto porta. Una via di mezzo, no? Veniva, la Juventus, dalla notte di Donetsk. Il senza voto di Buffon è la fotografia del pomeriggio. I bianconeri, promossi agli ottavi di Champions League, hanno quattro punti in più di un anno fa. Serve altro?

Postilla. Viviano in Roma-Fiorentina, Gillet in Toro-Milan. Non discuto le girandole di Zeman e i progressi di Allegri, ma con portieri così il tiro a segno riesce meglio.

Oplà

Roberto Beccantini5 dicembre 2012

Sembrava uno dei tanti biscotti che sgranocchiamo a fine girone, tra un rigore negato, un palo lambito (da Giovinco) e una svirgolata gialappica (di Alex Teixeira). Lo Shakhtar era già qualificato, alla Juventus serviva un punto. Sembrava. Piano piano, la partita si è consegnata alla squadra più matura. Certo, gli episodi. Dal montante scheggiato da Pirlo alla carambola Kucher-Giovinco, con Lichtsteiner in fuorigioco «a monte», all’auto-palo di Asamoah. Non solo quelli, però: anche una gestione oculata, rispettosa della forze e, sopratutto, dei limiti.

Non c’è stato paragone, rispetto al pareggio dell’andata: a Torino il gioco l’avevano dettato i sambisti di Lucescu che, come tutti i brasiliani, rendono facili le cose difficili e difficili le cose facili. Avete presente Willian? Imbottigliato tra i rivali, si è perso nel traffico.

Mancavano Luiz Adriano e Marchisio, squalificati. La Juventus ha dovuto stanare un serpente: un confronto, cioè, che i cinguettii di armistizio avevano reso viscido, malizioso, sfuggente. L’ha aspettato, l’ha pinzato. Promossa come prima, la Juventus è, oggi, una delle sedici migliori d’Europa. Da Londra a Donetsk è cresciuta molto. D’ora in poi potrà giocarsela con tutti, alla pari, eccezion fatta per Barcellona e Real Madrid.

Ho apprezzato la spinta di Lichtsteiner, gli artigli di Chiellini, la lucida ferocia di Vidal, nonostante il giallo-lampo, le sponde di Vucinic, i tocchi «pane e salame» di Giovinco. Pogba non è Marchisio, si sapeva: sa cosa fare e dove andare, ma non sempre sceglie il sentiero più semplice, più diretto.

Domenica a Palermo, Conte ritroverà una Juventus capolista e negli ottavi di Champions. Vedremo se, per questo, continuerà lo stesso film o ne comincerà un altro: e quale, eventualmente.